Colture - storia, produzione, commercio

ColtureCOLTURE
L’agricoltura ha come scopo generale quello di incrementare la produttività delle risorse ambientali naturali mediante l’utilizzo combinato di tecniche colturali, lavoro umano e risorse economiche.
In particolare le tecniche di coltivazione, intese anche come colture, sono adottate con lo scopo di migliorare l’utilizzo delle risorse naturali da parte delle piante e di controllare i loro nemici naturali e le avversità meteorologiche le colpiscono, nonché per agevolare il lavoro dell’uomo in termini di tempo e fatica.
Con il termine coltura si intende dunque quel complesso di tecniche e procedure usate in agricoltura per la coltivazione di una pianta e per la produzione di frutta e verdura.
Solitamente le colture sono utilizzate su grandi estensioni di terreno e con l’impiego di macchine ed attrezzi, ma tali tecniche variano in base alla tipologia di coltura impiegata, per cui è possibile utilizzare varie tipologie di colture anche su superfici limitate e coltivate col lavoro diretto dell’uomo. Inoltre generalmente  le colture principali che risiedono in campo per un breve periodo di tempo sono meno efficienti di quelle che coprono il suolo per un periodo di tempo più lungo.
Tra i vari tipi di colture si distinguono la coltura convenzionale, la coltura biodinamica, la coltura idroponica, la coltura biologica e la coltura a lotta integrata.

COLTURA CONVENZIONALE
L’agricoltura convenzionale è un sistema di coltivazione che richiede l’impiego di una notevole quantità di mezzi tecnici, come concimi, fitofarmaci e macchine: in questo modello i limiti all’uso di prodotti chimici sono dettati unicamente dal rispetto dei tempi e delle dosi consigliate riportate sull’etichetta dei prodotti impiegati in agricoltura. La monocoltura e la coltura intensiva sono i modelli caratteristici e più frequentemente utilizzati in questo sistema di coltivazione.
Nell’agricoltura convenzionale l’obiettivo dell’agricoltore consiste essenzialmente nel cercare di ottenere il massimo dalle colture, dunque di riuscire ad avere nel modo più rapido raccolti sostanziosi. Per questo tutte le avversità naturali vengono combattute con l’utilizzo di concimi chimici e pesticidi di sintesi.
L’agricoltura intensiva realizza la massima semplificazione dell’ecosistema attraverso l’adozione di due metodi prioritari: la monocoltura agricola e la coltivazione senza terra. In particolare, la monocoltura prevede la specializzazione dell’azienda ortofrutticola o dell’azienda agricola nell’adibire vaste zone di territorio alla coltura di una sola produzione di coltura o di un’unica specie vegetale, coltivata in maniera intensiva e standardizzata, al fine di ottenerne massimo rendimento e massimo profitto.
Spesso questa standardizzazione del processo produttivo viene accentuata dall’utilizzo di una produzione limitata di cultivar e dal massiccio utilizzo di pesticidi ed insetticidi: l’uso di prodotti chimici di sintesi, sia per fertilizzare il terreno che per combattere l’aggressione di parassiti e funghi, causa però numerosi effetti negativi all’azienda stessa, quali il forte inquinamento dell’acqua e dell’aria, la biodiversità mortificata a causa della monocoltura e l’appiattimento e depauperamento del paesaggio.
La coltura convenzionale può comportare inoltre il ritrovamento di residui (che devono comunque essere sotto i limiti di legge) nei prodotti ortofrutticoli trattati: tuttavia, attualmente anche l'agricoltura convenzionale si muove verso un modello di produzione a basso impatto ambientale, perciò meno intensivo.

 

COLTURA IDROPONICA
Il settore ortofrutticolo protetto è sempre più attento allo sviluppo di tecniche sostenibili attraverso una continua ricerca scientifica: in questo ambito le colture idroponiche occupano un ruolo di primaria importanza.
Per coltivazione idroponica s'intende una tecnica di coltivazione fuori suolo che utilizza substrati alternativi alla terra, come ad esempio substrati inerti di argilla espansa, perlite, vermiculite, fibra di cocco, lana di roccia o zeolite.
Nell’utilizzo della coltura idroponica la pianta viene irrigata automaticamente con una soluzione nutritiva composta da acqua, fertilizzanti ed altri composti inorganici necessari alla nutrizione minerale della pianta.
La coltura idroponica permette quindi di coltivare piante in modo semplice, pulito, poco costoso e soprattutto senza danneggiare l’ambiente, consentendo produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia da quello igienico-sanitario durante tutto l'anno.
Si tratta di un metodo molto versatile che permette l’impiego di materiali reperibili in loco e quindi poco costosi, non necessitando di dotazioni particolari (si possono utilizzare anche oggetti di scarto come bottiglie di plastica comuni).
Il concetto di coltura idroponica si è evoluto nel tempo: inizialmente era concepito per far crescere le piante direttamente in acqua; oggi, anche se è ancora comune questa metodologia, la nozione di coltura idroponica comprende ormai qualsiasi metodo di coltivazione di piante fuori suolo usate nel settore dell’ortofrutticoltura, non solo in serra ma anche in piena aria.
La ricerca nel settore ortofrutticolo sulla coltura idroponica procede da oltre 70 anni, ma si riscontra la conoscenza delle colture fuori terra (dal greco “Idros” acqua e “Ponos” lavoro e dunque “acqua che lavora”) già durante l’epoca degli egizi,  degli Aztechi e nei giardini dell'antica Babilonia.
La prima applicazione commerciale della coltura idroponica risale agli anni '20 del Novecento con le ricerche del Californiano Gericke: in questo sistema innovativo di Gericke, le radici delle piante traevano il nutrimento da un supporto forato contenuto in un recipiente: tale tecnologia fu impiegata dapprima dall'esercito statunitense per rifornire di ortaggi freschi le truppe durante la seconda guerra mondiale, utilizzando 22 ettari di suolo dedicati alla coltura idroponica in alcune isole giapponesi del Pacifico.
In seguito il sistema non ha trovato sviluppo a causa degli alti costi e del tipo di materiale impiegato per la costruzione dell'impianto; a partire dagli anni '80, tuttavia, con l'utilizzo della plastica e della torba nel substrato, la tecnologia della coltura idroponica ha subito un nuovo impulso grazie anche alla continua ricerca scientifica di Olanda, Inghilterra e Giappone.
Le colture idroponiche fuori-suolo dunque sostituiscono al terreno un ambiente fisico in cui i parametri sono di più facile controllo, garantendo la protezione delle radici nei confronti degli agenti atmosferici, funzione garantita da un substrato solido inerte e tendenzialmente asettico. Il substrato non ha alcuna funzione di ancoraggio poiché la pianta non ha bisogno di espandere l'apparato radicale, trovando nelle vicinanze immediate l'acqua e i sali minerali di cui necessita. È importante invece, nella coltivazione di verdura e frutta con tecnologia idroponica, fare in modo che il volume a disposizione di ogni singola pianta non sia eccessivo in rapporto alla superficie: dal momento che le radici sono sommerse, infatti, gli scambi gassosi con l'atmosfera avvengono per diffusione in mezzo liquido, quindi è necessario che le radici siano quasi a contatto con l'atmosfera per evitare fenomeni di asfissia radicale della pianta; per questo motivo, in alcune tecniche di coltivazione idroponica, il substrato è integralmente sostituito da un sottile film liquido nel quale si sviluppano le radici.
Rispetto alle tecniche convenzionali, la coltura idroponica manifesta numerosi vantaggi, tra cui il fatto di rimuovere  sin all'origine il contatto della pianta con gli agenti patogeni del terreno.  Le piante coltivate in coltura idroponica manifestano in genere un migliore rigoglio vegetativo e offrono produzioni più elevate, dovute a un miglior controllo dello stato nutrizionale (il pH e la conducibilità possono essere facilmente tenuti sotto controllo con specifici misuratori di pH ed EC, ma anche la portata, i tempi e i cicli di erogazione della pianta) e ad un migliore stato sanitario. Oltre a garantire a piante e ortaggi una crescita più veloce, la coltura idroponica è anche amica dell’ambiente, consentendo un risparmio dell’acqua fino al 40% rispetto alla coltura convenzionale, e non richiedendo pesticidi.
La coltivazione fuori suolo presenta degli evidenti vantaggi in situazioni ambientali dove il substrato non è in condizione di far crescere la coltura in modo ottimale, come ad esempio se si tratta di coltivazione su roccia o terreni eccessivamente sabbiosi.
Un ulteriore vantaggio è il rispetto dell'ambiente di questo tipo di coltura: l'utilizzo dei fertilizzanti, nella coltura idroponica, è infatti mirato  e ridotto e non ci sono dispersioni nel terreno, mentre l'utilizzo di diserbanti è totalmente assente.
La coltura idroponica può essere facilmente utilizzata sia da aziende ortofrutticole di piccole o grandi dimensioni, sia in uso domestico: nelle abitazioni infatti non è possibile installare grossi vasi o cassoni di terra, dato che il peso di essi può creare rischi a livello strutturale dell’edificio; utilizzando impianti idroponici, invece, dato il loro peso molto contenuto, si ha la possibilità di coltivare senza problemi verdura o frutta sia all'esterno che all'interno, utilizzando delle apposite lampade a led fitostimolati, durante tutto l'anno.
Anche se si tratta di una tecnica piuttosto semplice, la coltura idroponica richiede alcuni accorgimenti, come il controllo frequente della pompa ad aria, il cambio dell’acqua con cadenza quindicinale e l’attenzione verso la scelta e il dosaggio della soluzione idroponica utilizzata: le piante infatti, per crescere bene, hanno bisogno di nutrienti diversi nelle varie fasi, che le vanno assicurati. Attualmente sono disponibili anche fertilizzanti biologici che offrono la possibilità, utilizzando un impianto idroponico, di ottenere un prodotto realmente biologico certificato, dato che il substrato dove crescono le colture è inerte e l'unica variabile è il nutrimento.
In termini qualitativi il prodotto ortofrutticolo derivante da coltura idroponica mostra uniformità di dimensione e caratteristiche, oltre che qualità organolettiche costanti in tutta la produzione, così come richieste dalla distribuzione organizzata ai produttori di frutta, verdura e ortaggi. Il mercato ortofrutticolo attualmente apprezza non solo gli aspetti tradizionali (freschezza, gusto e sapore) dei prodotti ortofrutticoli coltivati in coltura idroponica, ma anche aspetti quali le condizioni di produzione (responsabilità ambientale e sociale) e la sicurezza del prodotto.
Esistono numerose classificazioni dei tipi di coltura idroponica: essi si diversificano solitamente per la presenza e il tipo di substrato, oppure a seconda del metodo irriguo utilizzato per apportare la soluzione nutritiva alla pianta (irrigazione a goccia oppure subirrigazione), nonché per l'uso o meno della soluzione nutritiva drenata (a ciclo aperto o a ciclo chiuso).
Nonostante la coltura idroponica sia ancora un sistema poco utilizzato rispetto alle altre tipologie di colture protette come la coltura biologica o a lotta integrata, numerose ricerche sostengono che essa troverà sempre più spazio nel settore ortofrutticolo, permettendo di risolvere alcune problematiche quali la necessità di ridurre i costi di produzione, la necessità di migliorare la produzione, l'aumento dell'inquinamento ambientale legato all'agricoltura intensiva e alla coltura convenzionale, nonché la carenza di risorse quali acqua, lavoro, energia.
I prodotti ortofrutticoli coltivati in coltura idroponica non contengono inoltre resti di sostanze chimiche utilizzate per le geosterilizzazioni, sono più puliti e dal punto di vista nutrizionale non presentano differenze con i prodotti coltivati a suolo.
La coltura idroponica tuttavia presenta anche alcuni lati negativi, come i grossi investimenti di capitale per acqua e fertilizzanti, che rende il sistema idroponico per questo meno sostenibile rispetto alle altre colture; in Italia ad esempio, dove lo sviluppo della coltura idroponica è lento, numerosi impianti sono risultati fallimentari perché installati in serre inadeguate per quanto riguarda la gestione del clima e del sistema di irrigazione.

 

COLTURA BIODINAMICA
L'agricoltura biodinamica è un metodo di coltivazione basato sulla visione del mondo antroposofica elaborata dal filosofo svizzero Rudolf Steiner: si tratta di una concezione dell'uomo e del mondo che nel primo Novecento portò un rinnovamento fertile nel campo della medicina, della pedagogia, dell'arte e della scienza in genere, acquisendo numerosi adepti in tutto il mondo occidentale.
Steiner si interessò, nel corso della sua vita, a diverse materie, tra le quali anche l’agricoltura, tenendo una serie di 8 conferenze nel 1924 a Koberwitz sul tema, ed enunciando una serie di principi generali che sarebbero poi stati elaborati dai suoi seguaci che particolareggiarono la dottrina biodinamica (oggi considerata come pseudoscienza): tema centrale di questa conferenza era  la salute della terra e il mantenimento e l'accrescimento della fertilità per migliorare la qualità degli alimenti destinati a nutrire l'uomo.

Lo scopo di tale filosofia non era di lasciar fare alla natura, ma di fare oltre la natura, cioè di aiutare la natura per ottenere una terra sempre più fertile, della quale possano beneficiare anche le generazioni future, e alimenti vivi di qualità piena che nutrano l'uomo e gli diano salute: infatti, piuttosto che di metodo, è preferibile parlare della coltura biodinamica come di  un indirizzo per il nostro pensare e agire. Si tratta dunque di un modo d’agire che progetti sistemi sostenibili per la produzione agricola, in particolare di cibo, che rispetti l'ecosistema terrestre includendo l'idea di agricoltura biologica e invitando a considerare come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso.
Gli obiettivi della biodinamica, come dell’agricoltura tradizionale, concernono il mantenere la terra fertile, mantenere in buona salute le piante ed  accrescere la qualità dei prodotti, ma la coltura biodinamica, a differenza di quella convenzionale, utilizza sostanze del tutto naturali che apportano vita, non essendo ammesse in tale metodo sostanze chimiche o tossiche. In particolare, il metodo biodinamico considera ogni sostanza come un binomio di materia e forza vitale.
I punti più compiutamente trattati da Steiner riguardavano la preparazione di un concime di massimo rendimento: compostare ed usare i preparati sono due momenti fondamentali di questo processo, come anche le fasi della Luna in agricoltura.

Per migliorare la qualità del terreno, aumentandone la quantità di humus, e allo stesso tempo migliorare la qualità del raccolto, si dovrebbero impiegare, secondo Steiner, delle sostanze di origine naturale appositamente trattate, che vengono chiamate "preparati”. I preparati per il compostaggio "da cumulo" vengono aggiunti al cumulo di materiale da compostare, al fine di facilitarne la decomposizione in humus e terriccio: questi preparati,  si dividono in  preparati da cumulo, ottenuti a partire da erbe officinali e preparati da spruzzo.
Tutti i preparati vengono usati in piccolissime quantità, mentre quelli da spruzzo vengono distribuiti dopo essere stati "dinamizzati", ossia mescolati secondo un certo metodo e per un certo tempo.
La coltura biodinamica viene spesso descritta come un modo di coltivare senza concime chimico e senza veleni, aspetti che, seppur fondamentali, sono di  secondaria importanza. L’idea portante è invece quella di un metodo caratterizzato da una cosciente utilizzazione delle forze naturali, pensata osservando la produzione vegetativa in natura; tre appaiono le espressioni fondamentali di questa forza naturale: la liberazione nella terra di materie nutritive necessarie alla pianta, l'inspirazione dall'atmosfera alla terra per mezzo delle piante e l'autoregolazione che esiste in tutti gli organismi viventi.

Attualmente la coltura biodinamica è appartenente ad un marchio commerciale, detenuto dalla Demeter International: si tratta di un’associazione di coltivatori che si propone, attraverso un disciplinare, di mantenere i medesimi standard tra i coltivatori sia nella fase di produzione che di trasformazione dei prodotti ortofrutticoli.  A tutt’oggi ogni Stato ha la propria associazione Demeter che deve adeguarsi agli standard e ai protocolli dettati dalla Demeter International: scopo del marchio è quindi quello di proteggere sia i consumatori che i produttori di cibo biodinamico. Partendo dalla conoscenza globale del pianeta e del suo rapporto col cosmo, aspetti privilegiati della biodinamica, oggi si sta lentamente acquistando una certa conoscenza ecologica.

La coltura biodinamica guarda alla terra come parte dell'universo e perciò soggetta alle leggi e alle influenze cosmiche, come quella del sole e della Luna.
Con Steiner ed il metodo biodinamico l’azienda agricola è stata “ridisegnata” in chiave olistica, cioè non è come un’entità solitaria, dominata dal fine utilitaristico ed economico, ma come un sistema organizzato di relazioni ad ampio raggio: con la terra intesa come fonte di vita, dove l’azienda biodinamica mira a diventare un'unità biologica autosufficiente, dove si trovano in equilibrio terra, vegetazione, animali e uomini; si può quindi parlare più correttamente di “agricoltura organica”, in quanto si considerano tutte le relazioni (non solo materiali) che portano questi fattori ed elementi naturali a interagire tra loro.
L’agricoltura biodinamica infatti adotta strumenti che sono generati dalla natura stessa, e con questi cerca di inserire le colture agricole all’interno di un più ampio sistema di vita. La biodinamica supera la visione meccanicistica della natura e dei suoi fenomeni, e ne promuove una basata sull’uso corretto dei nostri sensi e delle nostre percezioni: essa si avvale di strumenti quali le rotazioni agricole, il compostaggio (sia in cumuli che con trattamenti di superficie), i preparati biodinamici, le lavorazioni non distruttive del terreno, la concimazione di qualità attraverso tecniche particolari, concimazione con composti biodinamici, il calendario lunare o planetario per le semine e le operazioni per le colture.

Poiché l’agricoltura biodinamica ed i suoi principi sono stati ritenuti scientificamente validi e con possibili positivi effetti su problemi quali inquinamento e sfruttamento delle risorse della Terra, sempre più essa è praticata nel mondo. Oggi la coltura biodinamica è praticata in più di 40 paesi in tutto il mondo, in tutte le zone climatiche, ed è riconosciuta come uno dei metodi di approccio biologico maggiormente sostenibili esistenti.
In Italia l’Associazione per l’Agricoltura biodinamica è nata nel 1947 a Milano: essa si occupa di promuovere l’agricoltura biodinamica attraverso una serie di iniziative sul territorio nazionale, come consulenze alle aziende, corsi di formazione professionale, libri e pubblicazioni, campagne di sensibilizzazione e informazione sull’argomento.

 

COLTURA A LOTTA INTEGRATA
L'agricoltura integrata o coltura a produzione integrata è un sistema agricolo di produzione a basso impatto ambientale, che prevede l'uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione agricola allo scopo di ridurre al minimo il ricorso a mezzi tecnici che hanno un impatto sull'ambiente o sulla salute dei consumatori: gli ambiti di applicazione dei principi dell'agricoltura integrata sono la fertilizzazione, la lavorazione del terreno, il controllo delle infestanti e la difesa dei vegetali. In particolare poi si applica il concetto di lotta integrata, una pratica di difesa delle colture di frutta e verdura che prevede una drastica riduzione dell'uso di fitofarmaci, mettendo in atto diversi accorgimenti.

La coltura a lotta integrata parte dalla consapevolezza che quando si interviene in un ecosistema si alterano le reti trofiche: per questo motivo, essa utilizza i fattori biotici e abiotici di regolazione interna agli ecosistemi a suo vantaggio e usa tutti gli strumenti possibili, non limitandosi ai mezzi chimici (biologici, culturali, biotecnologici..).
Generalmente l’approccio a lotta integrata è usato nella lotta contro gli insetti, ma esso si può estendere anche nella lotta contro tutti gli organismi dannosi, come funghi, batteri, roditori ed altri parassiti. Obiettivo della lotta integrata è quello di mantenere l'organismo dannoso entro una soglia limite oltre alla quale l'organismo stesso provoca danni: non si tratta dunque di eliminare completamente tutti gli organismi, ma semplicemente di contenerne il numero. La coltura a lotta integrata comporta comunque l’uso di varietà colturali maggiormente resistenti agli attacchi degli insetti, l’uso della rotazione colturale ed una particolare attenzione nell’eliminazione delle piante infette.

La coltura a lotta integrata si avvale inoltre dell’uso assai ridotto o completamente assente di fitofarmaci, ed in ogni caso non dannosi o nocivi per l’uomo: essi hanno unicamente lo scopo di eliminare solo alcuni insetti e possono essere facilmente denaturati dall'azione biochimica del terreno e dall'aria, con conseguente non inquinamento degli stessi. I fitofarmaci sono tutti quei prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante quali malattie infettive, fisiopatie, parassiti e fitofagi animali, piante infestanti.
Risulta importante, ai fini della coltura a lotta integrata, saper però prevedere il verificarsi delle condizioni utili allo sviluppo dei parassiti, in modo da irrorare con fitofarmaci specifici solo in caso di effettivo pericolo di infezione e non ad intervalli fissi a scopo preventivo.
La lotta agli insetti dannosi tuttavia può essere applicata tramite l’utilizzo di feromoni, che hanno lo scopo di confondere sessualmente gli insetti, o l’utilizzo di tecniche di autocidio, come quella dell’insetto sterile (SIT).
Particolarmente utilizzata è anche la lotta biologica, ossia l’inserimento di un altro insetto utile in natura, che sia predatore naturale dell’insetto dannoso che si vuole contenere; è necessario tuttavia che anche quest’ultimo non vada a danno della coltivazione stessa di frutta e verdura.
Oltre alla lotta integrata, in questa tipologia di coltura  si presta attenzione alla fertilizzazione: il ricorso alla concimazione minerale è pertanto ammesso per mantenere alti i livelli di fertilità e di produttività delle colture, ma esso è utilizzato in maniera limitata, preferendo avvalersi del ciclo della sostanza organica, che apporta al terreno nutrimento proveniente da  materiali organici, con l'obiettivo di prevenire i fenomeni di dilavamento e conseguente inquinamento delle falde acquifere.

La coltura a lotta integrata offre numerosi vantaggi rispetto all’agricoltura convenzionale: essa è infatti considerata il modo più evoluto per realizzare un'agricoltura sostenibile, in quanto ottimizza l’utilizzazione delle risorse e dei mezzi tecnici disponibili per conseguire la quantità di produzione necessaria alla richiesta di prodotto ortofrutticolo sul mercato nazionale ed internazionale e produce cibi sani e sicuri, conservando e proteggendo le risorse ambientali.
I prodotti ortofrutticoli derivanti da coltura a lotta integrata sono generalmente più "puliti" di quelli derivanti da coltura convenzionale e di minor impatto ambientale: analisi di laboratorio rilevano, infatti, quantità minime di residui di pesticidi perché i trattamenti chimici, in lotta integrata, sono ridotti in media del 50%.
Limiti della lotta integrata sono invece costituiti da maggiori costi di produzione, dalla necessità di una assistenza tecnica qualificata, ed una obbiettiva difficoltà nel certificare il prodotto ortofrutticolo ottenuto da coltura a lotta integrata.
Nonostante infatti sia riconosciuta e regolamentata dall'Unione Europea, la lotta integrata è oggi regolamentata solo a carattere regionale: si tratta di una certificazione di prodotto, basata su una norma volontaria (il riferimento per la lotta integrata è il DTP 021), con cui l'azienda ortofrutticola sceglie volontariamente di assicurare un prodotto con determinate caratteristiche qualificanti.
Garante è l'ente di certificazione che effettua i controlli sia sulle coltivazioni, sia sul prodotto finito. La prima regione a creare un marchio di garanzia e tutela per i prodotti agroalimentari realizzati con tecniche di agricoltura integrata è stata in Italia la Toscana, con il marchio “Agriqualità” (creato con legge regionale N.25 del 1999).

 

COLTURA BIOLOGICA
Con il termine Agricoltura Biologica si intende un sistema di coltivazione ed un metodo di produzione che considera l’azienda agricola un agro-ecosistema complesso, auto sostenibile, di cui bisogna rispettarne e promuoverne la vita attraverso un insieme di tecniche che hanno come obiettivo quello di ottenere prodotti alimentari di elevata qualità nutrizionale avvalendosi dell’utilizzo dei prodotti presenti in natura, quindi senza l’uso di prodotti chimici di sintesi, nel rispetto sia dell’ambiente in cui l’azienda è inserita sia  del consumatore.
Gli obiettvi che la coltura biologica si prefigge sono molteplici: secondo l’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) essi sono quelli di produrre alimenti ad elevato valore nutritivo, lavorare con metodi secondo natura piuttosto che cercare di dominarla, evitare tutte le forme di inquinamento che possono derivare dalle tecniche agricole, costruendo un "sistema chiuso", che presti  particolare attenzione al riciclo della sostanza organica e degli elementi nutritivi. Altri obiettivi della produzione di frutta e verdura con coltura biologica sono quelli di mantenere la diversità genetica del sistema agricolo e dell'ambiente circostante, valorizzare gli effetti benefici determinati dalla presenza di microrganismi, flora e fauna del suolo, piante e animali utili, nonché di manipolare i prodotti agricoli mantenendo l'integrità biologica e le qualità essenziali del prodotto in tutte le varie fasi di lavorazione del prodotto ortofrutticolo.
La filosofia produttiva di un’azienda biologica non è quindi orientata alla massimizzazione produttiva e allo sfruttamento del terreno, bensì alla qualità del prodotto oltre che alla tutela e alla valorizzazione di piante autoctone e al recupero di produzioni tipiche in via di estinzione.

L’agricoltura biologica è disciplinata in Italia e in Europa da un regolamento della Unione Europea, il Reg. CEE n°2092/’91, il quale definisce le norme tecniche di produzione, i prodotti utilizzabili per la difesa delle piante, per la cura degli animali allevati, per la concimazione, per la preparazione e conservazione dei prodotti, e le regole per etichettare la produzione che si vuol vendere come prodotto biologico.
Il regolamento di produzione della coltura biologica indica quindi ciò che è necessario fare o è possibile utilizzare per poter certificare e vendere un prodotto ortofrutticolo come proveniente da agricoltura biologica, con analoga etichettatura: esso è stato definito come“sistema globale di produzione agricola (vegetale e animale) che privilegia le pratiche di gestione piuttosto che il ricorso a fattori di origine esterna.”
Per l’agricoltura biologica la qualità è plurale perché riguarda il migliore impatto ambientale, la salubrità, l’assenza di Organismi Geneticamente Modificati (OGM), e la garanzia del sistema di controllo e certificazione.
I prodotti biologici, proprio per le tecniche agronomiche adottate e in particolare per il mancato utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, sono di norma più sani degli altri: si è infatti dimostrato che il valore nutritivo dei prodotti biologici è spesso superione a quello dei prodotti convenzionali; i prodotti biologici sono più saporiti e più nutrienti perché più ricchi in zuccheri,vitamine e sali minerali, a differenza dei prodotti ortofrutticoli coltivati con il metodo convenzionale, che contengono spesso al loro interno o sulla loro superficie residui di insetticidi e diserbanti usati durante la coltivazione.
Rispetto all’agricoltura convenzionale, infatti, l’agricoltura biologica riduce al minimo il rilascio di residui nel terreno, nell’aria e nell’acqua, conserva la naturale fertilità del suolo, salvaguarda la complessità dell’ecosistema e la sua biodiversità, consumando in generale meno energia.

I prodotti ortofrutticoli derivanti da coltura biologica, dopo una lenta fase di avvio, stanno acquisendo un proprio spazio nell'ambito della spesa alimentare delle aree economicamente più avanzate: il consumatore infatti mostra sempre maggiore interesse nei confronti delle produzioni biologiche, in risposta agli scandali alimentari succedutisi negli anni e alla  maggiore sensibilità in tema di tutela ambientale e di difesa degli animali.
La crescente disponibilità dell'offerta, alimentata anche dalla politica di sostegno adottata dai vari paesi dell'UE e degli USA, ha incentivato la domanda ed ha determinato una forte crescita del settore ortofrutticolo biologico, stimato circa intorno ai 15.000 milioni di euro.
All'interno dell'Unione Europea, la tendenza relativa agli ultimi 5 anni  indica la Gran Bretagna come il mercato ortofrutticolo più dinamico, nonché la principale area di consumo di prodotti biologici (Fonte Datamonitor). L'agricoltura biologica nasce in Italia con notevole ritardo rispetto agli altri paesi europei, ma negli ultimi anni si è verificata una forte impennata delle produzioni ortofrutticole biologiche: attualmente l'Italia è il primo "paese biologico" di tutta l'Unione Europea e il quinto a livello mondiale per entità della superficie biologica; le imprese agricole biologiche italiane sono 49.790, su un totale comunitario di 128.556, e investono una superficie di 1.040.377 ettari, rispetto ai 3.722.336 ettari comunitari (fonte Coldiretti). In particolare risultano al primo posto la produzione biologica di cereali, agrumi, uva, olive.

La coltura biologica quindi, da settore di nicchia, è divenuta  un fenomeno di largo consumo, conquistando nuove fasce di mercato ed inserendosi in tutti i canali di vendita, da quelli della grande distribuzione organizzata alle mense scolastiche, dalla vendita diretta agli scaffali dei punti vendita specializzati.
L’agricoltura biologica prende inoltre in esame aspetti rilevanti quali la gestione del suolo, la protezione e la conservazione ambientale, la presenza delle siepi come  luogo di rifugio per i predatori che si cibano dei parassiti delle piante coltivate, le lavorazioni del terreno, effettuate in modo da non danneggiare la fertilità e la struttura del terreno, evitando l’utilizzo di macchinari troppo pesanti che schiacciano il terreno rendendolo troppo compatto e duro a causa della perdita della sua naturale sofficità e struttura.

Nella coltura biologica ci si avvale anche della rotazione, tecnica agronoma che prevede appunto di non coltivare uno stesso tipo di pianta sempre nello stesso terreno per diversi anni di seguito, poiché ogni pianta preleva dal terreno sempre gli stessi elementi nutritivi e nel tempo il terreno va incontro ad un processo di impoverimento. La rotazione consiste invece nel far avvicendare o ruotare sullo stesso terreno ogni anno una coltura diversa.

Altra metodologia utilizzata in coltura biologica è la consociazione, detta anche coltivazione mista, che consiste nella coltivazione contemporanea su uno stesso terreno di diversi tipi di piante. Si è scoperto infatti che determinate piante, coltivate vicine le une alle altre, si stimolano reciprocamente nella crescita e  si proteggono anche a vicenda contro le malattie e i parassiti.
Per il controllo delle erbe infestanti e la difesa della pianta di frutta o verdura dai  parassiti o dalle malattie è possibile optare per alcune pratiche, tra cui quella di diserbare a mano o in modo meccanico, evitare di seminare o piantare le piante troppo fitte, scegliere le varietà più resistenti alle malattie, e favorire, come nella coltura a lotta integrata, le condizioni più adatte alla riproduzione e diffusione dei predatori naturali dei parassiti.

I prodotti ortofrutticoli coltivati in coltura biologica e presenti in commercio debbono necessariamente riportare sulla confezione la dicitura “prodotto proveniente da agricoltura biologica” e il relativo logo europeo previsto dal Reg.Ce331/2000.
L’etichetta rappresenta uno strumento di comunicazione indispensabile per il consumatore al fine di conoscere la storia di un prodotto: essa è ricca di elementi identificativi, dai codici del prodotto al nome dell’Organismo di controllo fino all’identificazione del marchio  biologico UE (che secondo il Reg. Ce 331/2000 è facoltativo),  od ancora il marchio dell’impresa e altre diciture relative agli ingredienti, alla scadenza, ecc.
Gli Organismi di controllo preposti alla tutela dei prodotti provenienti da agricoltura biologica sono soggetti privati autorizzati dal Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), che hanno il compito di svolgere le analisi e le ispezioni nelle aziende che decidono di certificare come biologici i propri prodotti. L’organismo di controllo deve quindi rilasciare l’autorizzazione alla stampa delle etichette ed effettuare controlli anche sulle materie prime.

Le tipologie di etichettatura previste per i prodotti ortofrutticoli ottenuti da agricoltura biologica sono tre:

Prodotto biologico al 95%
Si tratta di prodotti in cui gli ingredienti di origine agricola siano:
- per almeno il 95% ottenuti con metodo biologico;
- per l'eventuale 5% residuo costituiti da prodotti compresi nella lista positiva dell'allegato  VI parte C del Reg. CEE 2092/91 e successive modifiche e integrazioni (noci di cocco, datteri, ananas, mango ecc.).
Anche gli ingredienti di origine non agricola e gli ausiliari di fabbricazione (sale, alcool, agenti lievitanti, lecitine, ecc.) devono essere compresi nelle liste positive (parte A e B del medesimo allegato).
Per questa categoria di prodotti biologici il riferimento al biologico ("DA AGRICOLTURA BIOLOGICA") è possibile nella denominazione di vendita.

Prodotto biologico al 70%
La percentuale di ingredienti di origine agricola biologica deve essere almeno del 70% e per il residuo 30% vale il criterio dell'inclusione delle liste positive.
Per questi prodotti non è ammesso il riferimento al metodo biologico nella denominazione di vendita ma solo nell'elenco degli ingredienti, con chiaro riferimento a quelli di origine biologica, con in più la dicitura obbligatoria "X% DEGLI INGREDIENTI DI ORIGINE AGRICOLA È STATO OTTENUTO DA AGRICOLTURA BIOLOGICA".

Prodotto in conversione
La dicitura "PRODOTTO IN CONVERSIONE ALL'AGRICOLTURA BIOLOGICA" è utilizzabile solo per prodotti costituiti da un solo ingrediente di origine agricola raccolto dopo un periodo di conversione di almeno dodici mesi. Anche in questo caso gli ingredienti di origine non agricola dovranno essere tra quelli compresi nella lista positiva.